Elena Ciresola
Presentarmi senza avere davanti una persona a cui parlare per me è strano, perché mi sembra di essere tutta storta nella mia storia. O tutta eccentrica o come preferisco dire io eretica. Sono un ‘non’ architetto, anche se con laurea IUAV a Venezia e abilitazione alla professione di architetto pure a Venezia, datati un lontano 1983. Da allora ho sperimentato molte attività finchè, da concorsista nata (ma non così brava da superare tutti i concorsi), ho scelto di insegnare nel liceo. Ma sempre dicendo a me che la cosa più forte che sentivo era mettermi in gioco su più fronti, costruire cose nuove. E ce l’ho fatta. Mentre insegnavo al liceo lavoravo al museo di arte moderna di Verona, mi piaceva portare le cose che imparavo in un settore in un altro. Mi sembrava di aiutare a far crescere nuovi progetti. Ecco credo che la cosa che ho imparato a fare meglio durante l’università sia proprio la capacità di progettare. Con un difetto: ogni volta in cui entravo in un nuovo campo cercavo di dare direzioni nuove ai lavori mettendo insieme le esperienze e i sogni (Ancora oggi mi misuro con tanti sogni). Perché è un difetto sognare? Perché è difficile realizzare subito i sogni, cosa a cui tengo tantissimo. Per cui metto energie e lavoro finchè non riesco a costruire cose nuove.
Ma ci sono persone e ambienti che incroci dentro queste forze che ti spingono a fare… ed ecco che mi ritrovo vincitore di un concorso dove finalmente sono prima! Era strano si, perché facendo tanti concorsi in Italia avevo imparato che si poteva arrivare quarti se i posti erano tre o terzi se i posti erano due… Così a quasi quarant’anni inizia una bellissima avventura a Ca’ Foscari- durata dal 1998 al 2008- fatta di una nuova scuola per formare gli insegnanti (un altro mio sogno), di un master in Ricerca didattica e Counselling formativo, nel 2005, di un Dottorato di Ricerca in Scienze della Cognizione e della Formazione finito nel 2010, con quella tesi in “Arte contemporanea come spazio generativo di forme per un percorso di apprendimento adulto”, che condensa dieci anni di ricerca a Ca’ Foscari e di esperienze formative tra aziende e amministrazioni pubbliche. In mezzo a tutto questo ci stava un grande lavoro svolto in Collezione Peggy Guggenheim per la quale ho ideato e curato in quegli stessi anni progetti formativi sperimentali dedicati a protagonisti diversi, tra cui il più famoso e quello a cui sono più affezionata è A scuola di Guggenheim, progetto pensato con un grande curatore, Luca Massimo Barbero. È un progetto che investe sulle scuole, sui docenti in lavori di squadra, sull’interdisciplinarietà, sull’eccellenza per avere ricadute sia nel breve periodo (con percorsi su misura delle scuole), sia a medio e lungo termine (ad esempio nel far tornare in museo le famiglie dei bambini e ragazzi coinvolti positivamente dal progetto).
Essere stata tanti anni tra Ca’ Foscari- (cosa che ha fatto pensare ai miei figli che devo essere proprio tanto somara per andare ancora a scuola e all’università alla mia età!)- e altre realtà esterne ha significato riuscire a far collaborare ricerca e esperienza, che per me sono fondamentali. Ho dovuto raccordare, spesso non facilmente, le impostazioni accademiche a quelle lavorative ma ci sono sempre riuscita. Anche cercando finanziamenti ai progetti e quindi inserendo altre istituzioni e punti di vista.
L’università mi ha insegnato ad avere la forza di credere nelle mie idee, di portarle avanti anche quando ci si scontra con tutti, di mettersi in gioco anche quando tutto sembra perso. Anche quando ti si mette contro il tuo relatore… che non crede più a ciò che stai facendo. Sfide difficili in mezzo a tante persone che ho avuto la fortuna di conoscere. Questo è un altro punto di forza: riuscire a interagire contemporaneamente con visioni e prospettive diverse per realizzare un’idea condivisa.
In tutto questo l’arte è un potente strumento formativo: aiuta a vedere le cose da punti di vista diversi. E l’artista può collaborare a questo itinerario formativo. E l’arte può anche aiutare a sviluppare un’identità culturale forte e una crescita delle intelligenze creative. Lo avevo provato e testato in tanti anni di esperienze in Guggenheim.
Insomma credo che le dimensioni dell’arte abbiano potenzialità enormi se si lavora alla costruzione di una buona trama di relazioni di senso con protagonisti diversi, sfidando così l’accezione elitaria che, soprattutto in Italia, si ha del contemporaneo.
Ho ideato altri progetti, in collaborazione con Luca Massimo Barbero e con la regione del Veneto (C4 nella villa palladiana di Caldogno, Vicenza, dove l’arte contemporanea a dialogo con la tradizione diventa scenario, oltre che strumento, di formazione manageriale), con imprenditori (Dainese, Maltauro, Bisazza…), con Fondazioni bancarie (Cariverona e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, con progetti di “mostre formative” sempre dedicati a protagonisti diversi), con Fondazioni private (con Hangar Bicocca di Milano, e con Valeria Cantoni, ho lavorato per costruire un nuovo dipartimento educativo, HB EDU- fatto di universitari con provenienza diversa, convinta che l’eterogeneità di studi sia un valore aggiunto alla specificità formativa dello storico dell’arte). Ho la fortuna di intersecare nel mio lavoro tante diverse personalità, da sindaci a presidenti di associazioni di categoria, da docenti di economia a imprenditori, da filosofi ad artisti, da galleristi a docenti, da studenti ad amministratori pubblici, da istituzioni bancarie a fondazioni private, cercando sempre di mantenere forte la condivisione di alcuni valori e la cooperazione possibile tra campi diversi.
Nel mio ultimo libro, Arte come esperienza. Una nuova formazione manageriale, edito dalla Marsilio, ho sintetizzato proprio il mio recente percorso di formazione attraverso l’arte. Finalmente quest’anno ho realizzato un altro sogno: sperimentare la formazione con l’arte in un percorso realizzato per la magistratura. Un bellissimo quanto difficile progetto! Ora proseguo la mia attività di insegnante part time e continuo a progettare e realizzare itinerari formativi dedicati a protagonisti diversi, insieme all’associazione Art for Business di cui sono socio fondatore. Con un’idea di fondo: nonostante l’età e quattro figli …. non so ancora cosa farò da grande….
Essere parte di Ca’ Foscari Alumni significa molto per me, a maggior ragione ora che sono anche membro del Consiglio direttivo: la forza del gruppo insieme allo sviluppo di nuove direzioni di collaborazione del gruppo può aiutare la crescita dei singoli, soprattutto dei giovani. Credo molto in questa associazione a cui ho aderito con entusiasmo fin dall’inizio: essere in una comunità di questo tipo vuol dire avere delle occasioni nuove con cui relazionarsi, oltre ai propri personali percorsi. Ho voglia di mettere a disposizione esperienze e storie per creare nuove opportunità. Vuol dire tutto o niente: ecco io voglio provare tutto ciò che sia possibile fare in questa bellissima realtà. Realtà che ha il volto sorridente di tanti giovani che ho già conosciuto, per i quali i nostri sforzi acquistano un valore unico. Crescere una rete di senso per me ha valore: non solo relazioni quindi ma vorrei aiutare a creare opportunità di crescita e collaborazione attraverso esperienze nuove.
E Ca’ Foscari Alumni mi dà questa meravigliosa opportunità.