Il 20 ottobre, nella cornice dell'inaugurazione dell'Anno Accademico 2013, il Cafoscarino Roberto Bonzio è stato nominato Alumnus dell'Anno 2013, premiato dal Rettore di Ca' Foscari Carlo Carraro e dal presidente dell'Associazione Ca' Foscari Alumni, dott. Andrea Tomat. Il merito è quello di aver conseguito risultati professionali di grande rilievo dimostrando vitalità e creatività, con particolare slancio verso l'innovazione e l'internazionalizzazione. Roberto è stato scelto da una rosa di tre finalisti, che comprendeva l'indologo Stefano Beggiora e il professore di Economia e Gestione delle Imprese Andrea Moretti.
Mestrino trapiantato a Milano, "giornalista curioso" e ideatore e fondatore del progetto multimediale "Italiani di Frontiera", Roberto ha lasciato nel 2011 il posto fisso all'agenzia Reuters per diventare un attivo e vivace storyteller e networker, che gira l'Italia e l'estero con conferenze di forte impatto che parlano del talento italiano. E' stato speaker alla prima edizione del Ca' Foscari Forward'11 ed è membro dei Club dei Cafoscarini di Milano e di Marco Polo.
Dal 21 giugno al 31 agosto era stata lanciata dall’associazione Alumni la campagna per le nomination, che ha coinvolto oltre 35.000 laureati sparsi in tutto il mondo ed ha permesso a tutti i cafoscarini di indicare la propria preferenza, segnalando oltre una cinquantina di candidature, fra cui spiccano nomi di altissimo livello.
Ecco il video della premiazione e un'intervista al premiato.
- Come ti senti ad aver ricevuto il premio Ca' Foscari Alumnus dell'Anno 2013? Cosa rappresenta per te?
"E' passato qualche mese dalla cerimonia ma a volte sono ancora incredulo. Oltre all'emozione, al grande onore ed al prestigio, il premio ha rappresentato per me un prezioso legame con la mia terra d'origine, visto che da quasi 30 anni vivo a Milano. Ancor più importante l'esser stato premiato, fra tanti fior di professionisti, con un riconoscimento per una scelta "Fuori dagli schemi": lasciare il posto fisso da giornalista per inventarsi e sviluppare un progetto multimediale, Italiani di Frontiera, che è anche un modo inedito di fare giornalismo, fra web e storytelling. Forse non è un modello scalabile, di sicuro può essere d'esempio per i più giovani, ai quali oggi più che mai dobbiamo insegnare a tracciare strade nuove e credere nei propri sogni, per crearsi un lavoro, più che pensare di cercarsi un impiego".
- Cosa pensi delle iniziative, come quella del premio Ca' Foscari Alumnus dell'Anno, che Ca' Foscari ha intrapreso per i suoi laureati in questi ultimi anni?
"Credo sia necessaria un'incisiva campagna di informazione per far capire anche agli studenti l'importanza di queste iniziative. Nulla a che vedere con semplici rimpatriate o lobby di ex. Affrontare una realtà complessa come quella odierna significa accettare di essere in un flusso, non smettere mai d'imparare, rimettersi in gioco. E la rete di relazioni è uno strumento straordinario che fa parte di questa nuova realtà. Dunque non si aggregano gli ex per creare corporazioni o favorire amici di amici ma per rafforzare l'identità comune attraverso esperienze da condividere. Un patrimonio di inestimabile valore, che non a caso le più importanti università del mondo coltivano con attenzione. Chi non lo capisce o lo confonde con un club retrò commette un clamoroso errore".
- Ci racconti il progetto 'Italiani di Frontiera' di cui si fa menzione nella motivazione alla tua nomina?
"Partire per sei mesi con famiglia, facendo tutto da solo e in aspettativa da Reuters, per vivere tra gli italiani di Silicon Valley. Pensavo fosse un modo per raccogliere storie interessanti, mai avrei pensato che avrebbe cambiato tutto, diventando il mio lavoro, rivoluzionando il mio modo di vedere l'Italia, i suoi problemi, il mestiere di giornalista e pure me stesso. Perché l'incontro con decine di connazionali di talento, fra loro figure storiche come Federico Faggin e Roberto Crea, fra i padri del microchip e dell'insulina sintetica, ha via via delineato il ritratto del Paese che loro hanno lasciato, individuando alcune delle cause per cui produciamo così tanto talento e molto spesso lo sperperiamo a causa di stereotipi e modi di pensare che i più giovani dovranno spazzare via. Per questo ho detto alla cerimonia che Italiani di Frontiera è un modo per rimediare ai disastri provocati dalla mia generazione e dalla mia categoria di giornalisti, che questi modi di pensare obsoleti hanno perpetuato. Contemporaneamente ho capito che il racconto multimediale dal vivo era uno strumento in più, oltre a web e social media. E dunque ho lasciato il posto fisso trasformandomi un po' in cantastorie, o storyteller. Mitraglio storie e idee con musica e immagini ma credo che la mia sia dopo tutto un'inchiesta "Out of the Box". E mi sento più giornalista che alla scrivania".
- Quali link e sviluppi vedi tra la rete che crei per professione e passione con il tuo progetto e la rete dei laureati cafoscarini presente in 56 paesi del mondo?
"Il potenziale del network di Italiani di Frontiera è ancora in buona parte da valorizzare. Questo lavoro mi fa conoscere centinaia di persone straordinarie in Italia e all'estero. E io impiego una parte delle mie energie a mettere costantemente in contatto persone, a creare ponti e link. Il mio sogno è di riuscire con il mio progetto a inserirmi nel network dei cafoscarini di tutto il mondo, magari mettendo a disposizione il mio mestiere di narratore. Oggi più che mai raccontare storie può creare opportunità ma anche ispirare profondi cambiamenti, se rafforzato da una rete di rapporti qualificati, come quello dei cafoscarini".
- Che messaggio vuoi dare ai tuoi colleghi cafoscarini e agli studenti di oggi e di ieri?
"Venezia è la città dei ponti, ha una tradizione cosmopolita e milioni di persone la considerano un sogno. Ma si presta anche ad essere metafora di quella "rendita di posizione", vero handicap per l'Italia, di chi ritiene che i gioielli del passato vadano solo spremuti a fondo senza cambiare nulla. E la sua decadenza iniziò quando, ricchi e potenti, i veneziani si ostinarono a non capire che il mondo stava cambiando. Mi piacerebbe che cafoscarini di ieri e di oggi fossero uniti da questo intento: fare squadra, coltivare il network per conoscere e sperimentare il nuovo, dare risalto alle eccellenze, con un'identità comune senza confini, che si rafforza non nel creare barriere o caste ma nell'affrontare con fiducia la sfida globale... da veri Italiani di Frontiera. Mica male, no?" .